Negli ultimi dieci anni sono stati fatti dei progressi sul fronte delle donne manager. Sul totale dei dirigenti, la loro quota è infatti passata dal 24 al 28%. Il gap retribuitivo però rimane, anche se la differenza con gli stipendi dei colleghi uomini è stata ridotta.
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È quanto emerge da una ricerca di Aldai, Associazione Lombarda Dirigenti Aziende Industriali, realizzata in collaborazione con Hay-Group. In 10 anni, le donne manager hanno dunque guadagnato in tutti i settori circa 4 punti percentuali e hanno raggiunto il 28,7% del totale. A fine 2012, su circa 403 mila manager, le donne erano oltre 166 mila. «La crescente presenza femminile fra i dirigenti arricchisce il capitale umano delle imprese. L’Italia resta però indietro in Europa, perché da noi, se consideriamo in particolare le posizioni da top manager, le donne sono meno del 10%», nota Romano Ambrogi, Presidente Aldai.
Il rapporto uomini/donne tra i disoccupati si è rovesciato: a fine 2012, su coloro i quali cercavano un lavoro dirigenziale, le donne erano il 46% contro il 53% di dieci anni fa. La differenza retributiva tra le donne dirigenti e gli uomini dirigenti è rimasta, con un valore che si è attestato intorno al 24%, sebbene si sia ridotto del 10% rispetto al primo periodo preso in esame.
«Nonostante le campagne per promuovere la parità, lo stipendio medio femminile è inferiore a tutti i livelli, anche quando la qualifica e la posizione sono le stesse», sottolinea Lucia Bartolini, managing consultant di Hay Group. Osserva Antonella Severino, consulente senior di Amrop, la rete multinazionale di head hunting, che «secondo la nostra esperienza il pregiudizio di genere oggi sembra caduto del tutto. Anzi, le donne sono molto richieste e valorizzate proprio per le loro caratteristiche trasversali: comunicazione, creazione di consenso, gestione delle situazioni critiche, costruzione del team»
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