In Italia si sta verificando una vera e propria fuga di manager e rispetto alla media europea rappresentano un numero molto minore. Ma quali sono le conseguenze di tale fenomeno? Eccone tutti i dettagli in base ai dati provenienti dalle ricerche pubblicate ieri dall’Hay Group durante l’assemblea di ALDAI (Associazione Lombarda Dirigenti Aziende Industriali), esplicati a Lindro dal presidente di Federmanager, Giorgio Ambrogioni.
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Nel bel Paese sono presenti poche grandi industrie e molte piccole e medie imprese e ciò penalizza i manager. «Il nostro è un capitalismo familiare o per meglio dire iper-familiare, dove tutto è gestito in famiglia ed i ruoli manageriali sono gestiti dalla moglie, dal genero o da qualche altro membro della famiglia. Questo sistema poteva andare bene nel passato ma con l’avvento della globalizzazione non è più adeguato», spiega Ambrogioni.
La fuga dei manager italiani all’estero è dovuta anche alle tasse, ma «non è l’elemento principale», secondo Federmanager, il cui presidente spiega anche come si potrebbe fermare questo fenomeno: «è fondamentale che un giovane che vuole diventare dirigente d’azienda vada all’estero a fare esperienza, non va assolutamente demonizzato l’andare fuori dall’Italia. Il problema è che spesso una volta fuori dall’Italia non tornano più perché è più difficile trovare lavoro in Italia. Quello che possiamo e dobbiamo fare come paese è far ripartire i consumi interni e cercare di convincere i nostri geniali piccoli imprenditori ad aumentare le dimensioni delle proprie aziende in modo da essere presenti sui mercati emergenti. Questo è importante sia per creare posti di lavoro per i manager ma anche per il lavoro in generale. Se le piccole aziende crescono ci sarà più domanda di lavoro anche per giovani e neo laureati. È un processo interconnesso».
Una curiosità, infine: secondo quanto pervenuto in base alle ricerche condotte da Hay Group, i manager italiani guadagnano meno rispetto ai colleghi all’estero.
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