È ormai trascorso un anno da quando la Riforma Fornero è entrata ufficialmente in vigore in Italia, ma quali sono stati i cambiamenti attuati dalle aziende italiane in materia di risorse umane?
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Nei sei mesi successivi all’entrata in vigore della Riforma Fornero si era assistito a una riduzione del 20,2% dei contratti a progetto, a un aumento pari all’8,2% dei contratti a tempo indeterminato e al 3,2% dei contratti di apprendistato. Ma dopo dodici mesi poco è cambiato e si è tornati alla situazione di partenza.
È quanto rivela Gi Group con la seconda survey dell’Osservatorio Permanente sulla Riforma del Mercato del Lavoro. I risultati sono stati commentati da Stefano Colli-Lanzi, CEO di Gi Group:
«Alla Legge Fornero va riconosciuta la capacità di aver agito su alcuni temi apicali del mercato del lavoro, come l’articolo 18, le politiche attive, la stretta sulla cattiva flessibilità. Tuttavia è stata una Riforma fatta in condizioni di emergenza, che hanno imposto, considerata la ristrettezza dei tempi, un compromesso al ribasso: il risultato è una Riforma che non ha inciso, dopo un anno dalla sua approvazione, sui comportamenti delle aziende. Questo è di per sé già un risultato negativo: con una produttività inferiore di oltre il 30% a quella tedesca, il sistema delle imprese italiane non può permettersi di restare inerte. Sarebbe oggi più che mai necessario portare a compimento il disegno che stava all’origine della Legge Fornero: oggi invece il rischio è che l’emergenza spinga verso la direzione opposta. Abbiamo bisogno di istituzioni che sappiano guardare oltre il breve periodo, esprimano visioni di lungo termine e sappiano incidere sui comportamenti; altrimenti come è successo con il recente pacchetto lavoro, rischiamo di dare non solo messaggi di breve respiro, ma anche contrastanti tra loro: si pensi per esempio alla marcia indietro fatta sul contratto a tempo determinato».
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