Cosa rende i dipendenti più produttivi incrementando la qualità del lavoro e mantenendo sempre elevato il livello delle loro prestazioni professionali? Ecco una domanda alla quale hanno tentato di rispondere numerosi esperti di economia del lavoro, dando vita a teorie alquanto differenti.
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Secondo un folto gruppo di economisti, infatti, è la passione la leva più efficace per ottenere sempre il massimo dell’efficienza dai lavoratori: se amano il loro lavoro saranno disposti anche ad accettare compensi inferiori alla media.
C’è invece chi sostiene che per fidelizzare i propri dipendenti migliori rendendoli sempre produttivi l’unica soluzione sia quella di assumerli stabilmente: sentendosi impegnato e fortemente legato all’azienda il lavoratore è portato a dare il meglio di sé, potenziando la produzione e ottenendo – contemporaneamente – progressivi aumenti di stipendio.
A queste teorie si aggiunge uno studio condotto da un gruppo di ricercatori dell’Università di Trento e pubblicato sul Small Business Economics. La ricerca, che ha coinvolto 4134 lavoratori operativi in 320 organizzazioni non profit italiane, ha rivelato che i compensi nel settore no profit sono spesso inferiori rispetto alle retribuzioni che caratterizzano gli altri settori, ma sono proprio coloro che lavorano per il mero guadagno a percepire meno dei colleghi motivati dalla passione per il lavoro svolto.
In che modo questo tipo di motivazioni hanno effetti positivi sui compensi? Lo studio spiega che i dipendenti più disinteressati dal punto di vista economico (spesso con obiettivi in linea con le finalità sociali dell’azienda) tendono ad essere più produttivi, realizzando un cospicuo numero di ore di lavoro straordinario che, spesso, riesce a compensare il salario standard.
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Secondo questa teoria, quindi, per rendere i lavoratori sempre efficienti è fondamentale assumere dipendenti che credano fermamente nel proprio lavoro.