Come affrontare positivamente il colloquio

di Anna Fabi

Pubblicato 5 Settembre 2013
Aggiornato 18 Febbraio 2020 15:09

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Gli spunti forniti dalle risposte di oltre duemila professionisti americani delle risorse umane intervistati da CareerBuider.

Apprezzano il senso dell’umorismo, per lo meno in un caso su quattro, ma nello stesso tempo sono sensibili all’impegno nella propria comunità locale, il gusto nel vestire, non disdegnano la forma fisica e nello stesso tempo riconoscono un buon punteggio a chi è informato sull’attualità e ha una presenza solida sui social network. Sono gli oltre duemila professionisti americani delle risorse umane intervistati da CareerBuider, che in questo modo hanno risposto alla domanda circa cosa li influenzasse di più nel prendere la decisione di assumere un candidato.

Il messaggio che sembra chiaramente passare, almeno per quel che riguarda la situazione lavorativa americana, è quello dello spostamento dell’attenzione verso il candidato e le sue potenzialità, non solo e unicamente professionali. Compresa l’importanza di un buon lavoro in team, i recruiters sanno che la ricerca non può più prescindere da alcuni aspetti tipicamente personali, che fanno appunto parlare di “personal brand”.

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E per guardare anche l’altra faccia della medaglia, i professionisti americani intervistati hanno anche fatto luce sui comportamenti dei dipendenti che più di tutti infastidiscono in azienda, e influiscono negativamente su una promozione o un riconoscimento. Primo fra tutti quello degli “scaricabarile”, coloro cioè che si nascondono dietro la frase “non è il mio lavoro”, ma finiscono dietro la lavagna anche i ritardatari, i bugiardi e quelli che si attribuiscono meriti che non sono loro. Male anche quelli che sguazzano nei pettegolezzi, mentre vengono apprezzati quanti abbiano il coraggio di manifestare le proprie esigenze, con modo. Un terzo dei manager americani interpellati afferma infatti che le promozioni sono concesse più facilmente a chi le chiede.