Valutare un curriculum vitae è spesso il primo passo del processo di selezione che porta all’assunzione di nuove risorse, il primo step che consente ai responsabili delle risorse umane di effettuare una scrematura iniziale cestinando le candidature ritenute meno interessanti.
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Secondo recenti ricerche i manager HR spendono solo pochi secondi per valutare un curriculum, individuando a colpo d’occhio la presenza di alcune parole ritenute indice di poca professionalità, inesperienza, mancanza di doti comunicative e possibile falsificazione dei contenuti.
Il candidato che si definisce “esperto“, ad esempio, dovrebbe destare alcuni sospetti (c’è sempre qualcosa di nuovo da imparare), esattamente come chi si descrive “orientato ai risultati” o “dinamico“, entrambi termini spesso abusati nei curricula che non indicano alcuna competenza o qualità specifica.
Da valutare con attenzione sono anche le competenze informatiche racchiuse nella generica “conoscenza del pacchetto office“, in merito alla quale bisognerebbe indagare per verificare le capacità specifiche e il livello di abilità nell’utilizzo dei programmi al di fuori di quelli inerenti la semplice videoscrittura.
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Altri vocaboli considerati come cliché sono alcuni aggettivi come “leale” e “affidabile“, parole abusate esattamente come altri attributi troppo soggettivi: “eccezionale“, “altamente qualificato” o “eccellente” rivelano solo l’opinione che il candidato ha di sé. Sarà il nuovo datore di lavoro a verificare il livello di competenze e la qualità del lavoro svolto.