Una recente sentenza emessa dalla Corte di Cassazione ha fatto chiarezza sugli obblighi del datore di lavoro in caso di licenziamenti dovuti alla necessità di ridurre il personale, sottolineando quali devono essere i criteri sui quali basare la scelta dei dipendenti da allontanare.
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Secondo la sentenza con la sentenza 24037/2013, infatti, il datore di lavoro non può basare questa decisione valutando quali potrebbero essere le posizioni lavorative “inutili”, ma è tenuto a rispettare i principi di correttezza e buona fede e il divieto di discriminazione.
Per i licenziamenti basati sul giustificato motivo oggettivo devono quindi essere applicati i criteri relativi ai carichi di famiglia e all’anzianità, mente non hanno rilievo altri tipi di esigenze legate alla sfera tecnico-produttiva:
«Quando il giustificato motivo oggettivo si identifica nella generica esigenza di riduzione di personale omogeneo e fungibile, non sono utilizzabili né il normale criterio della posizione lavorativa da sopprimere in quanto non più necessaria, né il criterio della impossibilità di repechage, in quanto tutte le posizioni lavorative sono equivalenti e tutti i lavoratori sono potenzialmente licenziabili.»
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