L’attenzione nei confronti degli stipendi d’oro si sta manifestando sotto varie forme, infatti ci si è resi conto del fatto che le disparità hanno raggiunto livelli intollerabili.
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Oltre alle proposte di legge che regolino le retribuzioni dei top manager si sta attenti anche a casi più specifici. Nel dettaglio la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 25572 del 14 novembre 2013 ha decretato che corrispondere uno stipendio troppo elevato all’amministratore unico equivale al reato di elusione fiscale.
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La regolamentazione si basa sul fatto che l’amministratore unico assimilato alla figura dell’imprenditore. Infatti la Corte di Cassazione ha sostenuto che l’articolo 62 del D.P.R. 917 del 1986 non consente di dedurre dall’imponibile il compenso per il lavoro prestato e l’opera svolta dall’amministratore unico di società di capitali perché la posizione di quest’ultimo è equiparabile, sotto il profilo giuridico, a quella dell’imprenditore.
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Nel caso specifico è stato individuato un intento elusivo nel comportamento della società poiché questa ha proceduto alla deduzione di una somma importante, proveniente dai ricavi e annotata nel conto economico, facendola figurare come compenso all’amministratore, con un risultato finale di bilancio pari a zero. Da qui è nato il dubbio che si trattasse di un espediente per sottrarsi al pagamento delle imposte, tenuto anche conto dell’entità della pretesa retribuzione, che semmai andava ridimensionata.