Una recente sentenza emessa dalla Corte di Cassazione mette nero su bianco alcune informazioni relative alle modalità di richiesta di risarcimento per mobbing.
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Secondo quanto ribadito dalla Corte Suprema ( sentenza 20 novembre – 19 dicembre 2013, n. 28448), spetta al dipendente provare di essere stato vittima di una condotta persecutoria e discriminatoria da parte del datore di lavoro: il mero richiamo del lavoratore che figura all’interno della CTU non fa fede, nonostante specifichi il riconoscimento di un danno biologico.
Il consulente tecnico di ufficio, infatti, compila la relazione sulla base di una serie di episodi di discriminazione e persecuzione ai danni del dipendente e in grado di danneggiare le capacità professionali, così come la sua stessa carriera del dipendente, tuttavia non c’è alcun riferimento a eventuali prove.
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«La consulenza tecnica non costituisce mezzo di prova, ma un mezzo di controllo dei fatti costituenti la prova, il cui onere rimane pur sempre a carico delle parti.»