Il mercato del lavoro è sempre più competitivo e per un capo essere esigente e autorevole diventa fondamentale. In non pochi casi, tuttavia, queste qualità sfociano in un comportamento intimidatorio, intransigente e degradante a sfavore dei dipendenti, tanto da poter parlare di vero e proprio bullismo.
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Secondo quanto rivelato dal WBI (Workplace Bullying Institute) con sede a Bellingham, negli USA, il 72% dei cosiddetti bulli sul lavoro sono proprio coloro che occupano ruoli di responsabilità, una condizione che spesso non viene percepita come tale dai diretti interessati.
Come capire se la condizione di capo è molto vicina a quella di bullo? Come riuscire a mantenere il controllo senza compromettere la gestione di una squadra collaborativa e chiamata a lavorare in un clima sereno?
Se il bullismo del capo incrementa il livello di stress fisico ed emotivo dei dipendenti, è anche vero che lo stesso boss può valutare autonomamente il proprio atteggiamento per evitare che la situazione possa sfuggire di mano.
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Fondamentale, ad esempio, è verificare il proprio comportamento nei confronti dei dipendenti chiedendo il parere di un collega o di un mentore che sappia inviare feedback sinceri. Se i dipendenti non sono soliti esporre le proprie idee liberamente e se nessuno replica nel momento in cui il capo fa un’affermazione o dà direttive, invece, probabilmente è necessario analizzare con cura il proprio modus operandi.