Stampa giornalistica e inserzioni pubblicitarie hanno avuto una relazione d’amore lunga e fruttuosa, rovinata, nel corso degli ultimi dieci anni, dal terzo incomodo: il web.
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Gli investimenti degli inserzionisti infatti si sono dirottati verso i siti web, ma questo non ha portato ai risultati sperati per una serie di ragioni. Come mette in evidenza Megan McArdle, giornalista di Bloomberg View, le pubblicità mirate del web, costruite su misura, non vengono considerate alla stregua di quelle cartacee e, di conseguenza, non vengono pagate allo stesso modo.
Questo dipende dal fatto che l’utente medio le ignora e più si fa per attirare l’attenzione più vengono evitate con fastidio. Inoltre esistono molti programmi nati allo scopo di bloccare le inserzioni, elemento inesistente sul prodotto che esce fresco in edicola. Inoltre le dimensioni sono molto ridotte e poste sempre come contorno, niente a che vedere con una bella foto a tutta pagina del prodotto da sponsorizzare.
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La tendenza degli inserzionisti quindi è quella di non investire sui siti web, ma di lavorare direttamente tramite un sito personale e sfruttando i social media. Questo avviene anche a causa della poca chiarezza nel settore, dal commercio di clic falsi e gonfiati che non rende gli inserzionisti sicuri nel fare investimenti.