La consapevolezza della corruzione

di Chiara Basciano

25 Giugno 2014 11:00

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Un problema che affligge ogni paese, ma niente basta a bloccare la corruzione

L’esistenza della corruzione è un dato certo che, pur non essendo un fenomeno odierno – possedendo radici molto profonde – ultimamente viene percepita con preoccupazione dai vertici aziendali.

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Lo dimostra la tredicesima edizione della Global Fraud Survey di Ernst &Young (Overcoming compliance fatigue: reinforcing the commitment to ethical growth) che, intervistando 2.700 manager provenienti da 59 paesi, mette in luce come essi considerino concussione, frodi e corruzione dilaganti.

Si dimostrano allarmati ben sette manager su dieci, pur ritenendosi fiduciosi nelle politiche condotte dai propri paesi per bloccare tale situazione. Uno dei settori più sottovalutati risulta il cybercrime, non ritenuto preoccupante per la gestione aziendale dal 48% degli intervistati, pur intaccando molto facilmente le aziende e la loro credibilità. Inoltre non tutti i manager di alto livello investono sulla formazione anti corruzione ABAC (Anti-bribery/anti-corruption), dimostrandosi meno sensibili dei loro dipendenti, senza tener conto del fatto che, in caso di problemi, sono proprio i vertici quelli su cui ricadono le conseguenze.

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Inoltre le aziende in generale non si dimostrano all’altezza della situazione, considerando che un’azienda su cinque non sviluppa una politica ABAC, il 45% non ha introdotto un sistema di segnalazioni, meno del 50% degli intervistati ha partecipato a corsi di formazione sul tema, meno di un terzo delle società effettua una severa due diligence per evidenziare eventuali azioni di corruzione da parte dei propri business partner.

In particolare per quanto riguarda l’Italia Fabrizio Santaloia, National Leader EY per i Fraud Investigation & Dispute Services (Fids) dichiara che il nostro pese appare molto sensibile al problema ma non si fa abbastanza, inoltre «Il business etico dovrà rappresentare la nuova strada, anche perché le azioni illecite non sono nemmeno economicamente convenienti e, anzi, creano danni spesso irreparabili».