Tra i 28 paesi dell’Unione Europea, l’Italia rappresenta lo Stato che ha perso il maggior numero di lavoratori qualificati tra il 2007 e il 2013.
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Se in Europa, nello stesso lasso di tempo, i professionisti e i manager sono aumentati di circa 4,5milioni (+10%), nella penisola abbiamo assistito al trend opposto. A fornire dati precisi è Paolo Terranova, presidente di Agenquadri:
«È sufficiente guardare i dati dei sei paesi più grandi, che rappresentano da soli il 70% del mercato del lavoro dell’Unione. Mentre in Gran Bretagna, Polonia, Germania e Francia il numero di professionals&managers è cresciuto più della media, in Spagna e in Italia il loro numero è sensibilmente diminuito. E questo vale sia per i dipendenti che per i lavoratori autonomi. Questi due paesi seguono un’altra strada: riducono i costi, abbassano il livello di professionalità e competenza. Inoltre, ciò produce un effetto regressivo sul processo di convergenza.»
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Per quanto riguarda la penisola, ammontano a 220mila i posti di lavoro andati in fumo negli anni della crisi. A questa cifra negativa si aggiunge, inoltre, la constata ione che l’Italia si caratterizza per un tasso di qualificazione degli addetti molto basso e per l’anzianità della classe dirigenziale.