Essere un buon dipendente

di Chiara Basciano

3 Marzo 2015 13:00

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Il rapporto tra leader e dipendente cambia, più parità e reciproco aiuto diventano le basi da cui partire

Per dirla con Jim Collins “tutti hanno un capo e quindi se vuoi essere un grande leader devi essere anche un buon dipendente”. La questione appare sempre la stessa infatti, chi influenza chi ? Ma sapere se è nato prima l’uovo o la gallina appare poco interessante, l’importante è impegnarsi a fare bene il proprio lavoro, come sottolineato da August Turak dalle pagine di Forbes.

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Secondo l’autore bisogna impegnarsi ad essere bravi dipendenti per diventare bravi leader. In particolare sono finiti i tempi per i dipendenti passivi, i leader hanno bisogno di personalità propositive, che non eseguano il proprio lavoro ma che lo inventino giorno per giorno. Essere autonomi significa portare i risultati al proprio boss prima che lui li chieda, definendo insieme gli obiettivi e raggiungendoli nei tempi prefissati.

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Il buon dipendente è capace di prevenire le mosse del boss, se si lavora in armonia infatti si riesce a creare un’intesa che aiuta il lavoro. Inoltre è fondamentale una comunicazione continua, senza timore nel riferire difficoltà e fallimenti, ma lavorandoci insieme, soprattutto all’inizio del rapporto è importante mostrarsi sinceri e mai timorosi, il rapporto tra boss e dipendente non deve assomigliare in nulla alla monarchia ma basarsi su rigide regole democratiche. Non per questo bisogna rivolgersi al capo per ogni problema, ma cercare di risolvere le criticità da soli per poi, in un secondo momento, coinvolgere i vertici.

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Se mancano tutte queste cose e si vive nel timore del proprio boss allora è molto meglio pensare di cambiare lavoro. Altrimenti si rischia di fare male al proprio lavoro e di conseguenza alla propria vita privata.