I dirigenti medici potranno continuare a chiedere la prosecuzione del rapporto di lavoro sino a 70 anni per raggiungere i 40 anni di lavoro effettivo, possibilità confermata dalla Circolare della Funzione Pubblica 2/2015 firmato dal Ministro Marianna Madia in attuazione delle norme contenute nel decreto legge 90/2014.
Dal 1° novembre 2014 per tutti i dipendenti pubblici, tranne per magistrati per i quali il divieto scatterà dal 31 dicembre 2015, il provvedimento ha abolito la possibilità di permanere in servizio oltre il compimento dell’età pensionabile.
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Si parla di un limite massimo di età (sessantacinquesimo anno di età), ovvero su istanza dell’interessato, al maturare del quarantesimo anno di servizio effettivo, in ogni caso con il limite massimo di permanenza del settantesimo anno di età.
Per i dirigenti medici e per dirigenti delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche della riabilitazione, della prevenzione e della professione di ostetrica, continua a valere per, previa istanza, la permanenza in servizio oltre i sessantacinque anni di età per raggiungere i 40 anni di servizio effettivo, purché non sia superato il limite dei 70 anni di età. Ciò può avvenire con un accordo con l’amministrazione, la permanenza in servizio, sarà possibile se non dà luogo ad un aumento del numero dei dirigenti.
I medici potranno quindi presentare istanza di proseguire il rapporto di lavoro fino al compimento del quarantesimo anno di servizio effettivo, ai sensi dell’articolo 15-nonies del citato decreto legislativo n. 502, riguardante i “dirigenti medici e del ruolo sanitario del Servizio sanitario nazionale, ivi compresi i responsabili di struttura complessa”.
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L’Amministrazione potrà in ogni caso decidere di non accogliere la richiesta del medico, come si legge nella circolare:
“Decidendo di procedere alla risoluzione del rapporto di lavoro, anche in relazione ai criteri adottati per l’utilizzo della risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro, tenendo presenti le esigenze organizzative e funzionali e rispettando la parità di trattamento, anche per evitare l’indebita lesione dell’affidamento degli interessa”.