Quando è veramente mobbing? La Cassazione chiarisce

di Teresa Barone

23 Marzo 2015 11:00

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Non si parla di mobbing in assenza di vessazione e demansionamento: ecco una recente sentenza della Corte di Cassazione.

Quando è opportuno accusare un datore di lavoro di mobbing nei confronti di un suo dipendente? Non nel caso in cui a un lavoratore sia stato ordinato di sostituire un collega o di svolgere più di un incarico, se compatibile con le sue mansioni.

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La Corte di Cassazione si è recentemente espressa in materia, con la sentenza  4174 del 2 marzo 2015, sottolineando come un’accusa di mobbing mossa nei confronti del datore di lavoro debba basarsi su presupporti precisi: il dipendente è tenuto a dimostrare di aver subito vessazioni o discriminazioni, comportamenti che in qualche modo possono aver leso la sua dignità e la sua salute.

La sentenza riguarda, nello specifico, il caso di un lavoratore a suo dire vittima di un “disegno unitario finalizzato al suo allontanamento dal posto di lavoro“, tanto da farlo entrare in un profondo stato di stress a causa di comportamenti persecutori, di sanzioni disciplinari definite come illegittime e di un demansionamento ritenuto dequalificante.

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I giudici hanno tuttavia messo in evidenza come la mera assegnazione di mansioni temporanee in sostituzione di altro personale assente non possa essere ritenuta declassante, se i nuovi compiti rientrano negli obblighi previsti dal contratto.