Con l’entrata n vigore del Jobs Act, a partire dal 7 marzo, i contratti di assunzione a tempo indeterminato si trasformano in contratti a tutele crescenti per gli impiegati e i quadri.
=> Jobs Act: licenziare conviene?
Una situazione vantaggiosa per le aziende che incentivano nuove assunzioni, ma anche in grado di limitare la mobilità extra aziendale creando un gap tra i nuovi assunti e le risorse presenti, sempre meno interessate a cambiare per timore di perdere alcune garanzie.
Questo possibile “blocco”, come si legge su AdnKronos, è proprio quello che preoccupa i direttori delle risorse umane, interpellati da Intermedia Selection: la ricerca, che ha coinvolto 350 direttori HR, afferma infatti che:
«La disparità tra i ‘nuovi’ e i ‘vecchi’ assunti potrebbe aumentare l’ingessamento della forza lavoro, poco propensa a cambiare e quindi a smuovere il settore occupazionale per paura di perdere le tutele piene del vecchio articolo 18. Proprio per questo, ben l’80% dei direttori del personale teme che ci sia un blocco in uscita delle risorse aziendali.»
Indagando sulle strategie che i manager HR metteranno in atto per attirare i talenti, è emerso come una possibile soluzione potrebbe essere data dal riconoscimento economico dell’anzianità aziendale, oppure dalla riduzione (o cancellazione) del periodo di prova.
E ancora, il 12% dei direttori del personale si potrebbe optare per il subentro contrattuale tra l’azienda dalla quale proviene il lavoratore alla nuova impresa che lo assume.