Quando il telelavoro è un insuccesso

di Teresa Barone

13 Maggio 2015 10:00

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Il telelavoro non è adatto a tutte le personalità: ecco chi rende meglio e chi, invece, ottiene performance insufficienti.

Garantire efficienza e produttività lavorando da casa o lontano dalle mura dell’ufficio – e dal controllo diretto del capo – è un obiettivo che talvolta può essere contrastato da inconvenienti e difficoltà pratiche, basti pensare a un supporto tecnologico inefficiente o alle tante distrazioni presenti in un ambiente domestico.

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Ma le criticità non si limitano a questi possibili disguidi, infatti c’è chi sostiene che anche la personalità individuale influisce sulla propria capacità di lavorare da remoto e sui risultati che è possibile ottenere.

Intuitivamente si è portati a ritenere un collaboratore introverso il candidato ideale per una proposta di telelavoro, che potrebbe consentirgli di concentrarsi senza distrazioni e tensioni. Al contrario, si pensa che gli estroversi rinchiusi tra le quattro mura domestiche non possano rendere al meglio, in assenza di colleghi con i quali confrontarsi per far nascere nuove idee.

Mettendo a confronto intuitivi e riflessivi, invece, se i primi potrebbero dare il meglio di se anche lavorando da soli, i secondi dovrebbero sempre essere messi in grado di porre domande e chiedere chiarimenti, per favorire il processo decisionale.

Sembra, inoltre, che anche chi ha un’indole particolarmente nevrotica sia in grado di rendere al meglio proprio lavorando da casa e in autonomia, beneficiando di un ambiente tranquillo che favorisce la concentrazione.

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