Legittimo spiare un dipendente su Facebook

di Teresa Barone

29 Maggio 2015 10:00

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Non è reato monitorare le attività social di un dipendente, anche occultamente, per tutelare il patrimonio aziendale.

Monitorare le attività di un dipendente su Facebook non rappresenta un reato. Il datore di lavoro può “spiare” i suoi sottoposti, durante l’orario lavorativo, anche utilizzando un account fasullo e senza farsi riconoscere.

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Lo afferma la Corte di Cassazione, che con la sentenza 10955 ha legittimato il licenziamento per giusta causa di un operario sorpreso ripetutamente a chattare,  trascurando di conseguenza le sue mansioni (il controllo di un macchinario che si è effettivamente danneggiato).

Non si tratta di un comportamento illecito e tantomeno di violazione della privacy: stando a quanto hanno sottolineato i giudici, infatti, l’attività del datore di lavoro può essere definita come un “pedinamento informatico” lecito perché ha come oggetto “il controllo sulla perpetuazione di comportamenti illeciti da parte del dipendente”. 

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La Corte di Cassazione ha ritenuto che il comportamento del datore di lavoro volto a tutelare il patrimonio aziendale, anche attraverso iniziative di controllo difensivo (anche occulte), è legittimo fino a quando non lede la dignità e la libertà del lavoratore.