Il dibattito è tutt’altro che chiuso, eppure la quantificazione del tempo necessario per eccellere stuzzica ancora il palato di quanti stanno tentando di percorrere una carriera di successo. Fare una cosa per dieci anni basterebbe per diventare se non i migliori in un dato campo almeno uno dei più bravi.
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Lo affermava nel 1993 K. Anders Ericsson, dimostrando con uno studio che la dedizione poteva portare a risultati geniali. La teoria potrebbe mettere l’acquolina in bocca ad aspiranti manager, pensando che basta studiare per poter arrivare ai vertici. La teoria è stata ulteriormente rafforzata nel 2008 da Malcolm Gladwell che nel suo libro, Fuoriclasse. Storia naturale del successo, limita a diecimila ore la quantità di tempo necessaria per eccellere, vale dire cinque anni per una giornata lavorativa di otto ore.
Ma se lo studio e la tenacia fanno la loro parte è inutile illudersi. Chi arriva al successo ha delle doti innate e una capacità di cavalcare la situazione che non possono essere imparate. Da un lato c’è l’intelligenza emotiva necessaria ad instaurare rapporti e dall’altra la capacità di essere visionari, di prevedere cosa sta per succedere ed anticipare le mosse degli altri.
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Buttarsi a capofitto nello studio può ottundere capacità del genere, bisogna quindi avere un giusto equilibrio ricordandosi sempre di mantenere una finestra aperta verso il mondo e verso gli altri.