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La bozza del decreto che regola la riforma della dirigenza pubblica è ancora in fase di lavorazione, tuttavia arrivano alcune anticipazioni che sembrano prevedere maggiori limiti e imposizioni sia per quanto riguarda le retribuzioni sia la carriera.
=> Declassamento volontario per i dirigenti statali
Non ci saranno più fasce ma ruoli dirigenziali unici, come già stabilito dal Ministro Marianna Madia, mentre i dirigenti che non conseguiranno gli obiettivi fissati entro i termini potrebbero rischiare di vedere ridotto il loro stipendio e, a lungo andare, anche di perdere l’incarico.
In assenza di incarico protratta per sei anni consecutivi e in caso di valutazione negativa, il dirigente pubblico perderebbe il suo posto e porterebbe a casa un compenso ridotto del 10% ogni anno. Come già anticipato, il dirigente potrebbe anche scegliere spontaneamente il declassamento a funzionario pur di non decadere totalmente, oppure optare per un trasferimento entro 50 chilometri dall’ultima sede.
A vigilare sull’operato dei dirigenti sarebbe, infine, una apposita commissione che interverrà anche in tema di provvedimenti disciplinari. A criticare queste possibili novità il sindacato Unadis, come sottolinea il segretario Barbara Casagrande:
«Non accettiamo che questa riforma venga fatta prima del rinnovo contrattuale. E poi, oltre a una vera formazione, servono criteri di valutazione oggettivi, che valorizzino il merito. Altrimenti come si fa a licenziare la gente?»