Con una recente sentenza, la Corte di Cassazione ha chiarito la dinamica che vede coinvolti da un lato l’Agenzia delle Entrate e dall’altro un contribuente “reo” di aver dichiarato un reddito inferiore al tenore di vita effettivamente sostenuto.
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In questi casi, come sottolinea la sentenza 8043 del 29 marzo 2017, l’accertamento fiscale non può essere contestato o allunato a meno che il cittadino non riesca a dimostrare che le risorse spese derivino da redditi esenti dalle tasse, come potrebbe essere una somma di denaro vinta al gioco o ricevuta in regalo, oppure dallo smobilizzo di investimenti.
Solo tenendo traccia di queste risorse è possibile evitare l’accertamento fiscale effettivo, risultante a sua volta da una analisi condotta dal Fisco attraverso il redditometro e finalizzata a individuare solo le disparità superiori al 20%tra quanto speso e quanto dichiarato. Il contribuente, per difendersi, deve sempre fornire una precisa documentazione mentre non è sufficiente avvalersi semplicemente di prove testimoniali.
Il Fisco, quindi, è tenuto a verificare che i redditi non dichiarati siano stati effettivamente utilizzati per effettuare acquisti di beni o servizi che hanno sollevato il tenore di vita.
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