Parlando male del capo in chat si rischia il licenziamento? La vicenda che ha coinvolto due ex impiegate di un’azienda della Provincia di Parma dà l’occasione di comprendere quali rischi si corrono portando avanti una simile condotta e, soprattutto, consente di chiarire se il licenziamento rappresenta una sanzione applicabile in casi di questo tipo.
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Le due dipendenti a tempo indeterminato, infatti, sono state licenziate dal proprio datore di lavoro messo a conoscenza di commenti poco lusinghieri esternati dalle stesse durante una conversazione su WhatsApp, chat che coinvolgeva più impiegate.
A fornire le prove della chat è stata una collega delle due giovani, le quali hanno poi ricevuto la comunicazione del licenziamento: secondo il legale si tratta di una sanzione spropositata all’accaduto, tuttavia spetterà al giudice esprimersi a riguardo.
«A maggio abbiamo la prima udienza al Tribunale del lavoro di Parma – afferma Silvia Caravà, legale delle due donne -. Contestiamo la sproporzione tra la sanzione e il comportamento delle dipendenti. Sono stati saltati i criteri di gradualità: in ogni contenzioso si parte sempre dal richiamo verbale, per poi passare al rimprovero scritto, alla multa, alla sospensione dal lavoro e della retribuzione per un massimo di tre giorni».
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Per il momento si discute anche sulla possibile violazione dell’articolo della Costituzione che impone la “segretezza della corrispondenza“, regola che potrebbe non valere se a essere stata esposta è una conversazione non tra due persone ma tra più interlocutori.