Imparare a superare i propri pregiudizi e riuscire a valutare in maniera professionale un curriculum è l’obiettivo di qualunque selezionatore, eppure non ci si rende conto di quanti e quali barriere ostacolino questo tipo di approccio.
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Da questa esigenza nasce l’idea di selezionare i candidati solo in base alle loro competenze, senza conoscerne nome, sesso, e provenienza. La cosa non è nuova, come riporta l’Hays Journal, ricordando come questo metodo fosse stato utilizzato nel 1980 per selezionare i musicisti della Toronto Symphony Orchestra, e, nel contempo, sottolinenando come stai vivendo nuova vita.
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La volontà di formare squadre eterogenee ha portato infatti i recruiter a rispolverare questo metodo, infatti non conoscere l’identità del candidato permette di avere uno sguardo più lucido, come sottolinea anche Alessandro Bossi, Hays Italia Director «Tutti abbiamo a livello inconscio dei pregiudizi che influenzano le nostre scelte e che possono essere sintetizzati in una sola semplice parola, appartenenza. Si tratta di capire se ci stiamo rapportando a qualcuno che appartiene o meno al nostro stesso gruppo, alla nostra cerchia. Per esempio, inconsciamente, il nostro pensiero viene condizionato se ci troviamo a leggere il CV di qualcuno con un nome a noi familiare o che ha studiato nella nostra stessa università o che è nato nel nostro stesso anno. E questo può influenzare notevolmente il percorso e le opportunità di carriera di un professionista».
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l’Hays Journal sottolinea però l’importanza di una formazione che sia capace di guardare oltre le appartenenze, arrivando a rendere inutile il blind recruitment, perché sostituito dalla consapevolezza e dalla professionalità del selezionatore.
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