Gli italiani sono sempre più consapevoli della flessibilità e del dinamismo che caratterizzano il mercato del lavoro, con la progressiva scomparsa del “posto fisso“. Una situazione che, tuttavia, nella penisola viene accettata in modo abbastanza positivo e con maggiore ottimismo rispetto a quanto accade negli altri Paesi europei.
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A rivelarlo è l’indagine trimestrale contenuta nel Randstad Workmonitor, ricerca che ha coinvolto 1600 lavoratori dipendenti italiani di età compresa fra i 18 e i 65 anni: il 74% di loro, infatti, non crede più nella possibilità di ottenere un impiego a tempo indeterminato, mentre il 95% crede che la formazione rappresenti un investimento per potenziare la competitività sia necessario investire in modo continuativo nella formazione.
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Se il 60% dei lavoratori intervistati afferma di essere disposto a varcare i confini nazionali per trovare un impiego migliore anche se temporaneamente, di poco inferiore la percentuale di coloro che potrebbero anche trasferirsi all’estero definitivamente.
Allo stesso tempo, tuttavia, il 44% degli interpellati ammette di essere disposto ad accettare un demansionamento o una diminuzione retributiva pur di preservare il posto di lavoro.
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