Gli Smart Workers attivi in Italia hanno raggiunto quota 305mila, in aumento del 14% tra il 2016 e il 2017 e del 60% rispetto al 2013.
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I lavoratori che possono beneficiare di flessibilità e autonomia nella scelta del luogo e dell’orario di lavoro rappresentano l’8% del totale del campione preso in esame nell’ambito della ricerca condotta da dall’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano, presentata nel corso del convegno “Smart Working: sotto la punta dell’Iceberg” tenutosi presso il Camping Bovisa.
Numerosi i dati di rilievo: il 36% delle grandi aziende ha già promosso progetti strutturati di Smart Working, così come il 7% delle PMI e il 5% delle PA.
«Sotto la superficie dello Smart Working così come oggi lo conosciamo c’è una grande opportunità di contribuire a ripensare il lavoro del futuro per rendere imprese e pubbliche amministrazioni più produttive e intelligenti, lavoratori più motivati e capaci di sviluppare talento e passioni, una società più giusta, sostenibile e inclusiva – ha affermato Mariano Corso, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Smart Working -. I benefici dello Smart Working per imprese, lavoratori e società sono troppo importanti per potersi permettere di non sviluppare immediatamente un piano di interventi volto ad accompagnare e incentivare un fenomeno in grado di dare nuovo slancio al sistema Paese.»
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Altre informazioni emerse dall’indagine riguardano la soddisfazione degli Smart Workers, maggiormente appagati rispetto alla media: solo l’1% si ritiene insoddisfatto, contro il 17% degli altri lavoratori, mentre il 50% eÌ? pienamente soddisfatto delle modalità organizzative e il 34% dichiara di avere un buon rapporto con capo e colleghi.
A essere ottimali, secondo gli Smart Workers, sono le competenze soft relazionali e comportamentali legate al digitale (Digital Soft Skills), tanto che affermano di possedere una superiore capacità di collaborare con efficacia in team virtuali svolgendo un ruolo da leader.
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