Solo l?11% dei laureati viene assunto in uno degli enti pubblici italiani: la PA non concede molte chance ai giovani in possesso di laurea specialistica, stando a quanto rileva il Consorzio Universitario Alma Laurea.
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A un anno dalla discussione della tesi di laurea, infatti, l?83,5% dei talenti nazionali trova lavoro nel privato, il 5,5% nel no profit e l’11% diventa un dipendente pubblico. Di questa fetta, tuttavia, il 39% è comunque precario a un anno dall?assunzione e il suo stipendio è inferiore del 3% rispetto al salario di chi ha trovato un impiego nelle imprese private.
«Si tratta di dati lavorativamente drammatici perché significa che i nostri governanti rinunciano alle alte professionalità. Facendo arretrare il Paese di centinaia di anni. Perché mentre al tempo di Federico II l’Università’ serviva per formare giustizieri e giudici del Regno delle due Sicilie, oggi lo Stato abbandona al loro destino i giovani che hanno puntato nell’alta formazione: invece di assumerli in base al merito, chiude la porta ai concorsi perché non c’è più posto. Anche perché negli ultimi 10 anni proprio nella pubblica amministrazione ne sono stati cancellati ben 360mila. E chi va in pensione, quando ci riesce, non viene più sostituito.»
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Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir, ha commentato i dati all?interno di uno scenario più ampio che coinvolge tutti i lavoratori statali, sottolineando come tali percentuali non rappresentino un incentivo per favorire il ripopolamento degli atenei italiani: la percentuale dei laureati nella penisola è infatti inferiore alla media Ocse (20% contro 35%).