Il software libero diventa una scelta prioritaria nelle pubbliche amministrazioni: lo sancisce l?entrata in vigore, dallo scorso 12 agosto, della modifica dell?articolo 68 del Codice dell?Amministrazione Digitale. Per andare incontro alle regole stabilite dalla spending review, e allinearsi con quanto dettato dall?agenda digitale, la PA italiana è pronta ad applicare l? “obbligo? di utilizzare software open source evitando l?acquisto di programmi con licenza, fatta eccezione per alcuni casi specifici.
L?uso del software libero nella PA diventa quindi legge, come stabilisce il nuovo testo dopo gli interventi effettuati dal Governo Monti:
«Solo quando la valutazione comparativa di tipo tecnico ed economico dimostri l’impossibilità di accedere a soluzioni open source o già sviluppate all’interno della pubblica amministrazione ad un prezzo inferiore, è consentita l’acquisizione di programmi informatici di tipo proprietario mediante ricorso a licenza d’uso. La valutazione di cui al presente comma è effettuata secondo le modalità e i criteri definiti dall’Agenzia per l’Italia Digitale, che, a richiesta di soggetti interessati, esprime altresì parere circa il loro rispetto.»
Si tratta di una modifica determinante per avvicinare la pubblica amministrazione italiana a quanto avviene nella maggior parte degli stati europei. Il software open source si è quindi guadagnato il diritto di essere la prima scelta nei Comuni e negli altri enti pubblici nazionali, un passo in avanti verso il taglio della spesa statale. Con la modifica del Codice il provvedimento diventa nazionale, tuttavia alcune Regioni hanno già provveduto a introdurre l?uso dei programmi open source nella PA per legge: tra i casi più recenti, la Puglia di Nichi Vendola.