La «competenza sulla pubblica amministrazione con l’innovazione legata ai processi». Roberto D’Alicandro, direttore generale della divisione Public Sector di Solgenia, descrive così la strategia di una società Ict italiana con sedi anche negli Usa, in Canada, in Messico, che lavora molto con la pa in un settore, quello delle nuove tecnologie, in cui il pubblico ha fatto passi da gigante. D’Alicandro, intervistato da Pubblicaamministrazione.net, mette in luce quali sono i principali punti critici per un’azienda che lavora con la pubblica ammministrazione, e ne sottolinea anche gli aspetti positivi. Solgenia, spiega, «vuole giocare il ruolo del valore di società giovane ma con competenza», che vuole supportare la pa «nel fare di più a minor costo» e ad «essere più efficiente» proponendo tecnologie per creare best practice che permettano di essere replicate all’interno della macchina amministrativa per recuperare efficienza.
Voi siete un’azienda che lavora sia con il privato che con il pubblico. Ci sono delle differenze? Cosa significa interfacciarsi tutti i giorni con la pubblica amministrazione?
Ci sono luoghi comuni, come quello per cui la pa non paga. Io sono da anni nel settore, e posso dire che la pubblica amministrazione è migliorata moltissimo. Ci sono sacche di resistenza, ma tendenzialmente la situazione non è malvagia.
Come punto a favore, il piacere di stare nella pa viene dal fatto che è un elemento di aggregazione. Per chi si occupa di dematerializzazione, lascia qualcosa di visibile.
Cercando di fare un parallelo fra pubblico e privato, diciamo che ci sono differenze ma anche elementi comuni. Certo, ci dibattiamo in un contesto di risorse scarse. Però la pa fa grandi passi avanti, anche se c’è molto da migliorare.
Le differenze fra pubblico e privato sono di natura strutturale: la pa impegna soldi pubblici, ha bisogno di procedimenti, competenze sul tema delle gare, perchè in una gara non basta presentare il valore, bisogna saperlo coniugare con le regole del gioco. E a volte è un problema: approccio confuso con il prezzo, malintesi da parte dei partecipanti, ricorsi, che impattano negativamente sulla macchina. E’ un costo in più per l’amministrazione, ed è anche un limite per la macchina.
E per quanto riguarda più nello specifico il rapporto della pa con il settore hi tech?
Qui sì che sono stati fatti passi da gigante. La pa è evoluta, anzi conosce le proprie esigenze. Non chiede solo tecnologie, ma vuole che siano applicate alla risoluzione di processi, modelli organizzativi. Non è più quella che comprava senza sapere come utilizzare.
Fra i progetti che avete in corso, per il ministero Giustizia avete messo a punto un sistema di rilevamento delle presenze. Ce lo racconta?
Quando si presenta il dipendente il sistema rileva la presenza. Può sembrare banale, ma la difficoltà più grande è rappresentata dal fatto che la Giustizia ha circa 55mila dipendenti, che usano un badge. Il nostro sistema punta sulla facilità d’uso, perchè il badge è in mano a tantissime persone. Non sono richieste competenze, non bisogna usare segnatempo, codici per presenze. E’ un prodotto italiano, e conosciamo i nostri clienti. Il sistema viene già usato anche da altre pa: dipartimenti dei vigili del fuoco, prefetture, ambienti di lavoro.
Per la Difesa, invece, avete un sistema per amministrarla.
E’ una soluzione amministrativa, civile e penale che garantisce l’assistenza a tutti i processi. Un progetto ad hoc per questo settore. Noi abbiamo la responsabilità perchè proprietari del codice, e rispondiamo in prima persona di qualunque problematica. Attraverso il sistema la giustizia militare è assistita durante l’iter procedurale. L’intero procedimento è informatizzato, cosa che purtroppo nella giustizia ordinaria non avviene.
Il vostro sistema sarebbe applicabile anche alla giustizia ordinaria?
Si. Bisognerebbe integrarlo, il sistema nasce come processo unitario, mentre nella giustizia ordinaria ci sono già isole sviluppate. La difficoltà, sarebbe quella di integrare diverse tecnologie.
Torniamo alla Difesa, per cui realizzate anche un sistema informativo per supportare attività operative della Giustizia Militare.
Si, per la mobilità dei militari, deve essere possibile operare in termini remoti. E’ una tecnologia che soddisfa le esigenze di decentralizzazione. Infine c’è un terzo progetto, motivo di forte orgoglio. Consiste nell’implementare una tecnologia di proprietà di Solgenia, una soluzione documentale autorizzativa che ne sostituisce una più blasonata a livello internazionale. E qui si ritorna all’esigenza di conoscere la pa, perchè questa soluzione alla fine cozzava con esigenze specifiche. Il nostro prodotto è stato scelto per sostituire (primo livello di dematerializzazione) i processi cartacei.
In questo periodo di crisi, cambiano le richieste della pa?
Si, ci sono richieste diverse. Le pa chiedono di aiutarle a sviluppare risorse, valore aggiunto, chiedono progettualità. Sono molto orientate all’efficienza interna. E all’esternalizzazione dei servizi: si arrivano a richiedere cose come l‘anagrafe gestita dall’esterno. C’è una disponibilità ad aprire verso mondi più strutturati, chiedendo non più solo implementazione tecnologica, ma anche progetti, processi.