L’art. 21 del Collegato lavoro, introdotto con la legge 4 novembre 2010, n. 183, ha introdotto alcune modifiche al dlgs n. 165/2001, volte a garantire l’effettiva piena parità, il benessere e l’assenza di discriminazione per chi lavoro all’interno della Pubblica Amministrazione.
Questa si intende compresa da Amministrazioni centrali e periferiche dello Stato, compresi gli Istituti e Scuole di ogni ordine o grado, le aziende e le Amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità Montane e i loro consorzi ed associazioni, le Istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di Commercio e le loro associazioni, tutti gli Enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le Aziende e gli Enti del Servizio Sanitario nazionale, l’ARAN e le altre Authority individuate nel dlgs n. 300/1999.
La prima novità riguarda l’art. 1 del dlgs, fulcro di tutta la normativa relativa alle PA, atteso che le “disposizioni… disciplinano l’organizzazione degli uffici e i rapporti di lavoro e di impiego…, tenuto conto delle autonomie locali e di quelle delle Regioni e delle Province autonome, nel rispetto dell’art. 97, comma prima, della Costituzione“.
L’obiettivo del provvedimento, pertanto, è quello di accrescere l’efficienza del settore pubblico in un’ottica europea, anche attraverso lo sviluppo coordinato dei sistemi informativi pubblici; di razionalizzare il costo del lavoro, contenedo la spesa complessiva del personale; di realizzare la migliore utilizzazione delle risorse, attraverso la formazione e lo sviluppo professionale dei dipendenti, applicando le medesime condizioni esistenti nel settore privato, “garantendo le pari opportunità alle lavoratrici e lavoratori, nonché l’assenza di qualunque forma di discriziminazione e di violenza morale e psichica“.
Tali finalità sono resi cogenti da una norma di indirizzo ben più pregnante rispetto a quella originaria contenuta nell’art. 7, comma 1, del medesimo dlgs: la precedente, senza entrare nello specifico, affermava che le “Amministrazioni pubbliche garantiscono pari opportunità tra uomini e donne per l’accesso al lavoro ed il trattamento sul lavoro“.
Il legislatore stabilsce ora in che modo si realizza il divieto: ovvero l’assenza di ogni atteggiamento discriminatorio diretto od indiretto focalizza l’attenzione sull’età, sull’orientamento sessuale, sull’origine etnica, sulla disabilità, sulla religione e sulla lingua, sul trattamento economico e normativo, sulla carriera, sulla formazione professionale e sulla sicurezza in materia di lavoro.