Facebook, cellulari e altri dispositivi tecnologici rendono i giovani connessi alla rete 24 ore su 24 ed è facile pensare che, ormai, sia Internet la loro fonte primaria di conoscenza e di socializzazione oltre che di divertimento. Eppure, ci sono alcuni argomenti per cui, l’ultima generazione si riscopre tradizionalista: imparare ad amare, confidarsi con qualcuno ed esprimere i propri sentimenti da adolescente, sono attività che i giovani sono tornati a fare a scuola.
A dirlo è un’indagine svolta dal Servizio Violenza Sessuale del Policlinico di Milano, presentato da Alessandra Kustermann, ginecologa della struttura ospedaliera. Oltre ai dati sulle malattie sessuali trasmesse tra gli adolescenti, il servizio svela come, prima di Internet e addirittura prima dei genitori, siano la scuola e gli insegnanti la loro fonte di conoscenza in materia.
«Quello che emerge – spiega la ginecologa – è la fiducia delle ragazzine verso l’istituzione scolastica e verso i docenti, che ritengono più idonei rispetto ad altre fonti di informazioni per sapere tutto sulle malattie sessualmente trasmesse, ma anche sui comportamenti a rischio da un punto di vista sessuale.
Credo che questo renda estremamente importante il ruolo delle insegnanti, e quindi bisognerebbe fare di tutto perché la scuola sia l’attrice rispetto all’informazione sui sentimenti e la sessualità. Credo che la scuola abbia sempre costituito il punto di aggregazione per i ragazzi – continua Kustermann – e la fiducia verso gli insegnanti, specie se disponibili all’ascolto, mi sembra che ci sia sempre stata. Questo dimostra che la loro volontà di sapere non è soddisfatta da Internet, e che il rapporto diretto con un adulto è comunque ricercato.
La proposta di rafforzare il ruolo della scuola come educatore sessuale degli adolescenti, però – denuncia la dottoressa – non dobbiamo formularla noi ginecologi, ma dovrebbe essere fatta a livello nazionale dal ministero della Salute. I consultori familiari integrati – conclude – dovrebbero essere il punto da cui parte la conoscenza che poi verrà trasmessa nelle scuole. Non è necessaria l’entrata in aula di medici o psicologi, basterebbe una formazione adeguata agli insegnanti».