Lo aveva paventato più di un anno fa il presidente dell’Istituto per le Politiche dell’Innovazione Guido Scorza, un mese fa il senatore Idv Luigi Li Gotti aveva ribadito l’allarme e oggi Antonio Di Pietro ha confermato le preoccupazioni. Nel testo del ddl Intercettazioni c’è una norma che rischia di zittire per sempre il web.
«Non bastava il bavaglio alla stampa, che rimane tutto, ora vogliono pure chiudere Google», ha dichiarato il leader dell’Idv. «La misura di chiedere rettifiche sul web entro 48 ore, contenuta nel ddl intercettazioni, è un modo per spegnere la rete. La pretesa di togliere una notizia in 48 ore – ha continuato – non solo è impossibile perché si dovrebbe chiudere Google, ma la conseguenza è che nessuno pubblicherà più nulla nel timore di sanzioni».
Secondo l’ex magistrato, la legge è stata storpiata e resa inattuabile «nel tentativo di rammendarla». In sostanza, anche gli estensori si sarebbero accorti del problema, ma non avrebbero saputo considerare le gravi conseguenze per il mondo del web.
Purtroppo, i tentativi fatti dall’On. Cassinelli e dall’On. Zaccaria al fine di cercare di limitare e contenere gli effetti nefasti che l?attuale comma 29 dell?art. 1 del cosiddetto ddl Intercettazioni minaccia di produrre sulla libertà di informazione in rete sono stati già dichiarati inammissibili dal Presidente della Commissione Giustizia della Camera.
Il leader dell’Italia dei valori ha perciò annunciato che il suo partito, grazie anche al sostegno ricevuto da più parti tramite la stessa rete Internet, continuerà la propria battaglia contro il ddl e, in particolare, contro l’obbligo per i blogger a pubblicare la rettifica entro 48 ore. «È una battaglia in difesa della democrazia e della giustizia che porteremo avanti senza se e senza ma», ha concluso Di Pietro.