«Sorpreso e fortemente in disaccordo». Il viceministro allo Sviluppo economico con delega alle Telecomunicazioni, Paolo Romani, ha commentato così la decisione con la quale la Commissione europea dà il via libera all’ingresso di Sky nel digitale terrestre.
Il viceministro è preoccupato per la conseguente liberazione di Sky Italia dall’impegno preso nel 2003 a non partecipare alle gare di assegnazioni di frequenze nel digitale terrestre. Un accordo fatto quando la News Corporation di Rupert Murdoch aveva rilevato Stream per fonderla con l’operatore di pay Tv rivale Telepiù.
Gli unici paletti imposti da Bruxelles a Sky sono quelli di garantire le trasmissioni in chiaro almeno per cinque anni, e cioè da fine 2011 a fine 2015 attraverso un’unica frequenza in multiplex.
Anche Andrea Ambrogetti, Presidente di DGTVi (l’Associazione che riunisce Rai, Mediaset, Telecom Italia Media, Dfree e le associazioni di tv locali Frt e Aeranti-Corallo) ritiene che la decisione della Commissione europea garantisca a Sky una posizione di privilegio all’interno del circuito del digitale terrestre italiano.
«Occorre ricordare infatti – ha spiegato – che, ormai più di un anno fa, fu la stessa Commissione Europea a chiedere allo Stato italiano di mettere a gara cinque frequenze nazionali per garantire che il passaggio al digitale potesse consentire ancora maggiore apertura per nuovi soggetti e nuovi editori.
Tale misura, su richiesta di Sky, si è incredibilmente trasformata in questi mesi in un’apertura, anziché a nuovi soggetti e nuovi protagonisti, a colui che è il monopolista della televisione a pagamento, prevedendo per esso una misura asimmetrica che gli consentirà l’accesso totalmente gratuito ad una frequenza nazionale digitale, a differenza di tutti gli altri operatori che hanno invece dovuto sostenere in questi anni ingenti investimenti economici, peraltro sottraendo risorse frequenziali preziose sia alle emittenti nazionali sia a quelle locali».