Australia, comunicazione cellulare senza “torri”

di Lorenzo Gennari

12 Luglio 2010 14:00

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Alcuni ricercatori australiani hanno sviluppato un software che incorpora la funzione delle torri della telefonia mobile in versione compatta negli stessi telefoni cellulari, permettendo la comunicazione anche in zone non coperte

All’università Flinders di Adelaide, alcuni ricercatori hanno pensato di utilizzare l’interfaccia WiFi di molti cellulari in commercio, per la comunicazione vocale tra dispositivi, nelle zone non coperte dalle antenne installate sulle torri.

Tale intuizione ha dato i suoi buoni frutti durante la sperimentazione nelle aree desertiche dell’Australia centrale. Alla base dell’idea c’è la constatazione che la tecnologia WiFi operi in due diverse modalità: “infrastructure” e “ad hoc“, ovvero ogni dispositivo è in grado di comunicare con un altro sia avvalendosi di una infrastruttura centrale di rete (appunto, la torre con l’antenna) sia tramite un collegamento diretto senza fili.

La tecnologia WiFi, normalmente usata per la connessione ad Internet, limita però la portata del segnale fra diversi telefoni a poche centinaia di metri, ma i ricercatori australiani sostengono che, con l’aggiunta di nuovi congegni e piccoli trasmettitori, il raggio si potrà estendere a distanze molto maggiori e la qualità del suono migliorerà.

Il professor Paul Gardner-Stephen della Scuola di “Computer science” dell’ateneo di Adelaide, che guida il progetto, ha dichiarato: «Usando l’interfaccia WiFi di cui sono ormai dotati molti telefoni cellulari, possiamo trasmettere la voce in una maniera che non richiede di passare per un punto centrale di raccolta»

Il sistema potrà pertanto assicurare una rete istantanea di telefoni cellulari in caso di disastri come terremoti, nei quali i tralicci della telefonia possono andare distrutti.

«L’esperienza ha dimostrato che nella grande maggioranza dei disastri la prima risposta viene da persone ed entità del posto, e il sistema potrà assicurare facili comunicazioni – ha continuato il professore, ipotizzando un’applicazione per la nuova tecnologia – in un terremoto, entro pochi minuti e non dopo 48 o 72 ore, sarà possibile cominciare a liberare le vittime dalle macerie e a ristabilire l’ordine».