Un “silenzio rumoroso“, un blackout dell’informazione di 24 ore. Così la Federazione nazionale della stampa italiana ha definito lo sciopero di oggi contro il disegno di legge intercettazioni.
A leggere bene il Ddl in questione però, le restrizioni e gli obblighi imposti ai giornalisti professionisti non sono peggiori di quelli che ora preoccupano sempre di più il popolo della rete e di chi fa informazione pur non essendo un professionista.
Il comma 29 dell’art. 1 del Ddl intercettazioni, ad esempio, prevede che l’obbligo di rettifica a carico dei soggetti che fanno informazione in forma di impresa (giornali, quotidiani, periodici, telegiornali, radiogiornali, ecc.) venga esteso a tutti “i siti informatici, ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica”.
Questo comporta, per un blogger o per chi gestisce un sito Internet, che entro 48 ore dalla richiesta dell’interessato, a pena di una sanzione amministrativa sino a 12 mila e cinquecento euro, debba essere pubblicata, con le medesime modalità, una rettifica a quanto precedentemente scritto.
Un’incombenza non da poco per la miriade eterogenea di realtà – blog, canali di informazione su YouTube, webtv amatoriali – di cui la Rete è costituita. Tempi e modi di rettifica infatti non sono applicabili in tutti i casi, specialmente quando, a gestire lo spazio online è un privato cittadino che non è collegato ad Internet 24 ore su 24 (non può o non vuole).
Sempre a scapito di chi fa dell’informazione una passione, ma non una professione, il comma 27 dell’art. 1 del Ddl, prevede la reclusione, da sei mesi a quattro anni, per chiunque faccia uso di riprese o registrazioni effettuate in conversazioni cui ha partecipato, a meno che non sia iscritto all’ordine dei professionisti.
In sostanza, un blogger, ma anche un semplice collaboratore di una testata giornalistica, non potrebbe in alcun modo eseguire registrazioni o riprese video e poi pubblicarne il contenuto anche solo come testimonianza diretta delle dichiarazioni di un personaggio pubblico.