Già nel 1996 la Commissione Europea, in “Living and Working in the Information Society – People First”, aveva sottolineato che nella nuova società dell’informazione in cui oggi stiamo vivendo è essenziale il ruolo svolto dal capitale umano assai più che la disponibilità delle infrastrutture.
Il Ministro Brunetta, a pag.97 di “Rivoluzione in Corso”, concorda pienamente con questa visione: «Innovare non significa procedere all’acquisto di macchinari, prevalentemente informatici, da mettere al servizio delle cose che già si fanno per continuare a farle sempre nello stesso modo. L’innovazione non è solo il servizio che la tecnologia rende a quanti sono addetti alla produzione, anzi, nel campo dei servizi e quindi della PA il soggetto principale dell’innovazione è il servizio stesso. E la testa di chi lo fornisce». Ne consegue che l’attenzione va alla formazione sia per chi è in cerca di occupazione, ma anche per chi è occupato e rischia di diventare “obsoleto” nonostante le qualifiche possedute.
Danzinger, Jenning e Park (in “ICT Training; Center for research on ICT and Organizations” del 1999) sostengono che l’aumento della produttività è in funzione dell’uso che le persone fanno degli strumenti informatici. A questo punto abbiamo gli elementi logici necessari per approfondire la catena: INNOVAZIONE — FORMAZIONE — PRODUTTIVITA’ — SVILUPPO ECONOMICO.
AICA ed SDA Bocconi hanno preso in considerazione la PA centrale per verificare i costi che l’ignoranza informatica dei dipendenti determina in termini di produttività mancata. Uno studio decisamente interessante e fondamentale per conoscere le cifre sul campo. Il punto iniziale da cui dobbiamo partire è sempre l’INNOVAZIONE che si qualifica tale se la spesa che la genera non determina ulteriore spesa, ma risparmi e aumento della produttività. Ma affinchè questo sia possibile è che chi decide di spendere conosca il processo lavorativo della PA e abbia una strategia di cambiamento adeguata.
Nella PA il rapporto tra computer installati e dipendenti informatizzabili è di 1,3. Dall’indagine di AICA-SDA emerge che il 51% degli impiegati pubblici passa più del 60% del proprio tempo lavorativo a contatto con un computer. Inoltre, il 14% della forza lavoro trascorre più dell’80% del proprio tempo lavorativo sul computer. La media generale si attesta al 61% del tempo trascorso al PC.
Per tradurre in valore il costo della improduttività durante il lavoro con il computer occorre conoscere che, secondo i dati della Ragioneria Generale dello Stato, il costo annuale medio di un dipendente della PA centrale ammonta a 45.000 € l’anno. Poichè i dipendenti pubblici risultano perdere circa 1 ora e 10 minuti alla settimana, corrispondente al 3,2% del tempo lavorativo settimanale di 36 h, il valore annuale di perdita ammonta a 1.439 € annui per dipendente. Più nello specifico, il costo dell’ignoranza corrisponde ad una parte del tempo perso al PC(35%). Si tratta infatti della non conoscenza degli strumenti e dell’help dato ai colleghi in difficoltà che in valore ammontano a 504 € annui per dipendente.