Oggi, presso la Sala San Claudio della camera dei Deputati è stato presentato lo studio “Cloud Computing e protezione dei dati personali: la privacy e il web globale, rischi e risorse per i cittadini della Rete”, a cura dell’Istituto Italiano per la Privacy.
Con il termine “cloud computing” si intende un insieme di tecnologie informatiche che permettono l’utilizzo di risorse hardware o software distribuite in remoto. Si tratta di un’innovazione che sta prendendo sempre più piede nel mondo di Internet, ma che presenta molti i rischi, tra cui quelli per la privacy: concentrazioni e possibili freni concorrenziali tra operatori, incroci e trattamenti di dati eccedenti, pericoli di attacchi informatici massivi e di conseguenti “fughe di informazioni”, confusione tra giurisdizioni (o persino loro assenza, si pensi a server posti su piattaforme in acque internazionali o su satelliti), perdita di controllo sui propri dati personali da parte dei cittadini, difficoltà per questi ultimi di far valere i loro diritti a distanza.
Un esempio è quello che è successo alla piattaforma “Danger” da poco acquisita da Microsoft, che ha recentemente fatto piazza pulita dei dati degli utenti del servizio di cui si avvalevano i possessori del cellulare Sidekick commercializzato dall’operatore T-Mobile.
Il tema è pertanto di estremo interesse data anche la diffusione sempre crescente del sistema “cloud”. Nel prossimo futuro i pc potrebbero diventare dei semplici terminali per navigare su internet, mentre tutti gli archivi dati e i programmi applicativi risiederanno su server remoti appartenenti a soggetti terzi.
Buona parte dell’utenza, in realtà, non chiede altro che poter affidare tutto il proprio “patrimonio digitale” a qualcuno che lo gestisca, più che altro per scarsa attitudine all’informatica o addirittura per pigrizia (fermo restando l’apprezzamento di tutta una serie di vantaggi che il sistema cloud offre) ed è proprio su questo che stanno facendo leva ora i sistemi di cloud computing.