La Posta elettronica certificata torna a far parlare di se e lo fa portandosi dietro tutte le polemiche che hanno da sempre accompagnato ogni nuova iniziativa che la riguardasse. Il ministro Brunetta aveva annunciato che avrebbe puntato molto su questo particolare sistema di posta elettronica già nelle prime fasi delle sue manovre di riforma della Pubblica mministrazione.
Dopo averne introdotta l’obbligatorietà e successivamente, aver permesso l’utilizzo di sistemi analoghi di certificazione, ora il Governo si appresta a rendere operativo il progetto di legge che, secondo le anticipazioni di Brunetta, dovrà trasformare la PEC in un servizio gratuito per tutti i cittadini.
«Conto che tutto sia pronto a luglio, per distribuire a settembre l’indirizzo a chiunque lo voglia”, ha dichiarato il ministro, che precisa: «Se l’amministrazione alla quale è stata inoltrata la richiesta non risponde entro un certo lasso di tempo sarà possibile agire con una “class action”.»
L’ottimismo di Brunetta si scontra però con numerosi pareri in contrasto con l’idea di semplificazione, utilità e risparmio finora descritta dai sostenitori della PEC. Oltre alle critiche per aver dato la precedenza ad un servizio di cui, secondo alcuni, non spettava una grande priorità rispetto agli interventi per combattere il digital divide, in molti sostengono che sia palese il rischio di monopolio per chi si aggiudicherà la gara pubblica per la fornitura della stessa PEC.
Guido Scorza, presidente dell’Istituto per le Politiche dell’Innovazione, aggiunge inoltre le sue preoccupazioni per la privacy, messa in pericolo dal fatto che si verrà a creare una sorta di “anagrafe dei domicili informatici” dei cittadini italiani e che se ne affiderà la tenuta ad un soggetto privato.
C’è poi da chiedersi: «Che fine faranno i servizi offerti dai gestori autorizzati che hanno venduto e continuano a vendere la PEC facendo pagare un forfait annuale agli utenti? E chi è già “abbonato” a questo servizio presso un fornitore che non sia quello che poi si aggiudicherà l’asta?». E ancora: «Questa iniziativa rispetta il protocollo europeo?».