Non ci sono prove che possano collegare i comportamenti devianti o violenti dei giovani all’utilizzo dei videogiochi. Sono queste le conclusioni tratte da uno studio redatto da Toine Manders, deputato olandese del Parlamento europeo. Nel presentare i risultati elaborati dalla Commissione del Parlamento Europeo su Mercato Interno e Protezione Consumatori, Manders ha altresì dichiarato che «I videogiochi possono contribuire allo sviluppo di importanti capacit».
L’Unione europea ha pertanto assolto i videogiochi dalle tradizionali accuse senza però negare l’esistenza di alcuni videogame violenti e adatti solo ad un pubblico adulto. Del resto, su questo tema, la Ue sostiene da tempo l’iniziativa Pegi (Pan European Game Information), un sistema di classificazione per età adottato da 20 stati membri dell’Unione su 27.
Le intenzioni future però saranno quelle di passare dall’invito all’autoregolamentazione alla linea più dura: proteggere i più giovani dai videogame violenti, ma senza censurare e senza ledere i diritti dell’industria dei videogame. Rispetto all’Unione europea, paesi come l’Italia, la Gran Bretagna, la Germania e l’Irlanda si sono già dati regolamenti e divieti più selettivi che dovrebbero entrare in vigore entro i prossimi 2 anni.
Altro aspetto interessante emerso dall studio è quello che riguarda l’età media dei giocatori europei. Sorprendentemente si tratta un valore pari a 33 anni. Thalita Malagò, segretario generale Aesvi (Associazione Editori Software Videoludico Italiana) ha commentato con soddisfazione l’appoggio del Parlamento europeo, ribadendo comunque che la tutela dei minori riveste un ruolo di importanza strategica per l’industria che l’associazione rappresenta.