Durante un’intervista rilasciata ieri a Radio Rtl 102.5, il ministro Renato Brunetta lancia una nuova proposta, che già fa discutere: «I veri investimenti sono necessari per il welfare, la scuola, l’università, ma prima bisogna fare un po’ di pulizia nei conti. Riguarda anche i magistrati, molti magistrati che lavorano solo 2-3 giorni a settimana, 2-3 pomeriggi a settimana e poi stanno a casa. Ecco, vorrei mettere i tornelli anche per i magistrati. Io l’ho già fatto a Palazzo Chigi, nel mio ministero e vorrei farlo per tutta la Pubblica Amministrazione, quindi magistratura compresa. Mi diranno di tutto, ma io vado avanti».
I primi ad avere da ridire, come era logico aspettarsi, sono stati proprio i magistrati: l’Anm, Associazione nazionale magistrati, ha così replicato al ministro nelle parole del presidente Luca Palamara sulle pagine de La Stampa: «Il ministro fa confusione e disinforma perché evidentemente non ha cognizione di quella che è la realtà degli uffici giudiziari italiani. È arrivato il momento di accendere i riflettori su quello che sono le reali disfunzioni della giustizia. Invece di pensare ai tornelli sarebbe importante rimediare ai tagli ai fondi per le spese di giustizia e alle riduzioni del personale amministrativo».
E aggiunge: «Il ministro confonde il fatto che i magistrati lavorano per due o tre giorni quando in realtà tengono ogni settimana le udienze due, tre se non quattro volte. E dimostra di ignorare che il lavoro del magistrato non si esaurisce nella aule, ma necessita della scrittura delle sentenze, che il più delle volte i giudici sono costretti a fare a casa a causa della cronica mancanza di uffici e strutture nei quali poter svolgere regolarmente il proprio lavoro». Servono quindi più aule e più uffici, secondo l’analisi dell’Anm, invece che i tornelli, per migliorare l’efficienza del sistema giudiziario italiano.
Brunetta ha inoltre presentato le sue cifre sul rinnovo del contratto per gli statali, «Sei miliardi di euro per rinnovare i contratti degli statali non sono tantissimi, ma non sono nemmeno pochi e Cisl, Uil e Ugl hanno detto sì». Ad aver espresso parere contrario è stata la Cgil, suscitando la veemente risposta del ministro: «Lo sa la Cgil che siamo a crescita zero e si rischia una totale recessione dell’economia? Sei miliardi di euro per il rinnovo dei contratti non saranno forse sufficienti, ma sono meglio di niente e sicuramente possono aumentare il potere di acquisto». E nonostante il no della Cgil, il ministro è deciso ad andare avanti.