A pochi giorni dall’8 agosto, data in cui inizieranno ufficialmente le Olimpiadi di Pechino, il clima risulta “avvelenato” dalle accuse di spionaggio che arrivano dagli Stati Uniti e dalle polemiche riguardanti la censura su Internet.
Lo spettro della censura online, a detta degli osservatori occidentali, viene avvalorato dagli arresti recenti, denunciati da Reuters, di alcuni noti blogger dissidenti. I media stranieri si lamentano, inoltre, di intromissioni e interferenze nel loro lavoro, anche se a voce era stata promessa la stessa libertà in Rete che avevano alle Olimpiadi di Atene.
A proposito di censura, il portavoce del Comitato organizzatore dei Giochi di Pechino, Sun Weide, ha confermato ieri che la censura di siti riguardanti la protesta tibetana e di alcune organizzazioni cristiane continueranno ad essere oscurate, come già accade anche durante le olimpiadi.
In particolare, Weide ha parlato di siti legati alla setta di Falun Gong, ritenuti pericolosi e proibiti alla società cinese.
Contemporaneamente, Amnesty International ha denunciato violazioni agli impegni presi sui diritti umani.
A dare ulteriore spunto ad eventuali timori di scarsa trasparenza ci pensa un senatore americano, Sam Brownback che denuncia un rischio spionaggio negli hotel destinati agli stranieri.
«In sintesi – ha affermato Brownback – il governo ha preparato un sistema per essere capace di spiare e ottenere informazioni su ogni ospite degli alberghi dove risiedono persone che si recano in Cina per seguire le Olimpiadi. Questo vuole dire che giornalisti, famiglie degli atleti, persone che si battono in difesa dei diritti umani, e semplici tifosi, tutti saranno sottoposti ad un controllo di intelligence da parte del Chinese Public Security Bureau».
Associated Press riporta invece l’accusa rivolta alle autorità cinesi di aver copiato i contenuti di un pc portatile del governo Usa, inavvertitamente lasciato incustodito dal segretario del commercio Carlos M. Gutierrez.