La maggior parte dei cinesi ha dichiarato di approvare il sistema di controllo di Internet del paese, anche qualora si tratti di censura preventiva.
In un sondaggio effettuato dal Centro ricerche per lo sviluppo sociale della «Chinese Academy of Social Sciences» è emerso che più dell’80 per cento degli intervistati ritiene giusto ed opportuno che venga svolta un’attività di controllo da parte del governo sulle pagine del world wide web.
L’85 per cento ritiene inoltre che sia importante che ad effettuare il monitoraggio siano proprio le istituzioni centrali. Il governo cinese però ha da tempo limitato o addirittura bloccato interi siti Internet, finendo addirittura per arrestare alcuni blogger per «incitamento alla sovversione anti-statale».
Ma come è possible filtrare il traffico dei contenuti di una rete mondiale come quella di Internet? In realtà il sistema adottato non ha nulla di particolarmente sofisticato, anzi non è nient’altro che un grande firewall che impedisce l’accesso ad alcuni siti internazionali come Wikipedia, Technorati e tutti i blog ospitati dalla piattaforma «Blogspot» oltre che molti siti mantenuti dalla BBC.
Il filtro applicato riguarda anche alcuni argomenti come il gruppo religioso «Falun Gong», gli incidenti di Tiananmen, la corruzione tra gli ufficiali di governo, il movimento indipendentista di Taiwan, la questione tibetana e le rivolte popolari in generale.
Il governo cinese, da parte sua, ha sempre giustificato la sua attività censoria con la necessità di regolamentare la diffusione di informazioni, immagini, audio e video che potessero in qualche modo danneggiare l’unità e la sovranità della Cina.
Un altro dato sorprendente è quello che riguarda l’affidabilità delle informazioni che si trovano on-line in Cina. Solo il 30 per cento delle persone intervistate ritengono poco affidabili le informazioni trovate in rete.