L’innovazione nella Pubblica Amministrazione è l’auspicato prodotto di un sistema di relazioni tra la dimensione giuridica, le sue conseguenze organizzative ed un certo numero di fattori abilitanti del cambiamento: tra questi, lo sviluppo di riforme improntate al raggiungimento di efficacia, efficienza, economicità, qualità della Amministrazione ed il ruolo delle tecnologie della informazione e della comunicazione. In Italia, anche in forza della consolidata tradizione giuridica, si è costruito nel tempo quello che con ragionevole certezza può essere definito il più solido ed avanzato impianto normativo per l’attuazione e la gestione di misure di innovazione e cambiamento nella Amministrazione Pubblica in contesto europeo, cui però non fa riscontro una prassi altrettanto solida. Le “buone pratiche”, certo non rare o isolate, testimoniano piuttosto l’assenza di una visione strutturale che abbracci compiutamente, e che metta in relazione per obiettivi concreti, l’impianto normativo (presupposto che abilita i processi di cambiamento), l’attenzione ai fabbisogni organizzativi (presupposto per l’attuazione del cambiamento) ed il potenziale delle tecnologie (condizione per la continuità e la diffusione del cambiamento).
Se non si riconosce il filo rosso che anima tutte le iniziative a partire dalla riforma attuata con la Legge 241/1990, ogni intervento proposto nel quadro delle riforme rischia di essere interpretato e valutato solo come un ulteriore appesantimento dell’azione amministrativa (cosa che è puntualmente avvenuta) e non come l’occasione per attuare il cambiamento e realizzare innovazione. In altre parole, è stata maggiore l’attenzione agli “adempimenti” piuttosto che la disponibilità a comprendere un sistema attento e coerente che il legislatore ha proposto come un percorso da seguire. Un’attenzione sbilanciata cioè sulla prospettiva procedimentale, propria della cultura dell’Amministrazione Pubblica, piuttosto che sulla prospettiva operativa e, per certi aspetti, “produttiva”. La semplificazione amministrativa, al pari di molti altri strumenti che caratterizzano i percorsi di innovazione, non è un fine, ma un mezzo per migliorare il rapporto tra l’Amministrazione e i cittadini, i soggetti economici, le formazioni sociali nonchè, ovviamente, tutti coloro che operano all’interno del sistema amministrativo stesso. Semplificare vuol dire ripensare passaggi procedurali, ricercare modi diversi ed integrare soluzioni operative per ottenere lo stesso risultato garantito da quel particolare passaggio procedurale, controllo, adempimento.
Un esempio strategico in questo senso è proprio l’attuazione del D.Lgs. 196/2003, versione consolidata del “Codice della Privacy”, che ha raccolto, unificato e (per aspetti non secondari) innovato la produzione normativa sul diritto alla riservatezza spostando l’attenzione dal semplice diritto alla tutela della riservatezza al diritto e al controllo di informazioni, dati e documenti personali, e legando questo diritto all’utilizzo di strumenti e tecnologie già previste per la gestione di atti e documenti oggetto di procedimenti amministrativi (il protocollo informatico su tutti, ma anche i servizi URP e la gestione dell’accesso agli atti e, non ultimo per quanto riguarda gli Enti Locali, il circuito di emissione della Carta di Identità Elettronica).