Le associazioni dei provider di telecomunicazioni giapponesi (circa mille tra grandi e piccole aziende), insieme ad associazioni per i diritti d’autore quali Japanese Society for Rights of Authors e Association of Copyright for Computer Software si incontreranno a partire dal prossimo aprile per stabilire la politica da seguire per la disconnessione degli utenti che utilizzano i software peer to peer per condividere file multimediali protetti dalla legge sul diritto d’autore.
Le ingerenze delle major del cinema e della musica non avevano mai trovato tanto terreno fertile come nel paese del sol levante. Sul quotidiano giapponese Yomiuri Shimbun, la notizia (data venerdì scorso) è stata presa come un attacco preciso ad uno dei più popolari e discussi network di condivisione di file: Winny.
Per la prima volta, in un paese democratico sono stati accolti gli appelli delle major fino al punto di vedere subordinato alle esigenze del diritto d’autore, il rapporto dei distributori di accesso ad Internet con i propri abbonati.
In realtà, già in Francia si era mosso qualcosa in questa direzione, ma le misure adottate dal governo di Sarkozy prevedono almeno un sistema di «avvertimenti» per gli utenti del p2p.
Il proibizionismo telematico giapponese nasce dalla constatazione del boom della condivisione dei file, grazie anche alla avanzata infrastruttura di rete basata sulle fibre ottiche, in grado di offrire connessioni molto più veloci delle ADSL americane ed europee. Secondo le ultime stime, il numero totale di utilizzatori del file sharing nel paese sarebbe di 1,75 milioni.
In Italia, un software per scandagliare la rete alla ricerca di materiale protetto dai diritti d’autore molto simile a quello utilizzato dagli internet service provider nipponici è stato recentemente dichiarato illegale dal Garante della Privacy che ha ordinato alle tre società coinvolte nel monitoraggio non autorizzato (Peppermint Jam Records Gmbh, la Techlans sp.z.o.o e la Logistep Ag) di sospendere ogni ulteriore trattamento dei dati illegittimamente acquisiti e di cancellarli entro il 31 marzo 2008.
Se nel nostro paese queste attività di intercettazione telematica sono in conflitto con il diritto alla privacy nelle comunicazioni, in Giappone la politica sembra ancora indifferente al problema e un freno alla svolta pro-major sembra assai improbabile.