Il presidente francese Sarkozy ha pensato di coinvolgere gli internet provider nella lotta contro la pirateria. In pratica i provider avrebbero il compito di monitorare il traffico e avvisare gli utenti di software peer to peer, con una e-mail, che stanno violando la legge scaricando materiale illegale.
L’idea è stata prontamente presa ad esempio dal governo inglese e ora sembra piacere anche all’esecutivo australiano. In Italia i tentavi di monitoraggio dell’attività telematica degli utenti domestici si sono già scontrati con le leggi sulla privacy e stanno avendo ancora lunghi strascichi mediatici e giudiziari (vedi caso Peppermint).
Il sistema francese è stato congeniato in questo modo: la prima e-mail è un semplice segnale di avviso che, in caso di recidiva, viene seguito da un secondo messaggio con blocco temporaneo della connessione ed eventualmente da un terzo che toglie definitivamente la possibilità di connessione all’utente (costretto comunque a pagare l’abbonamento fino a fine contratto).
A quel punto l’indirizzo IP del computer usato per il download verrebbe inserito in una black list con il divieto a tempo indeterminato di connetterlo alla rete a proprio nome.
Misure che sembrano eccessive, ma che hanno riscosso il plauso della Business software alliance e della Federazione contro la pirateria musicale.
«È solo questione di tempo e toccherà anche all’Italia», è l’opinione di Enzo Mazza, presidente della Federazione industria musicale italiana, anche se le differenze fra i sistemi legislativi e le resistenze dei provider (quelli inglesi per esempio) fanno pensare a tempi lunghi.
Di tutt’altra opinione Paolo Nuti, dell’Associazione italiana internet provider, secondo il quale tagliare la connessione corrisponderebbe a precludere l’accesso ad internet ad un’intera famiglia o un ufficio, nel caso in cui la violazione avvenisse all’interno di una rete domestica o aziendale.