Ormai è ufficiale: l’Italia aderisce alla Convenzione di Budapest firmata nel 2001 con l’obiettivo di costruire una politica legislativa comune a tutti gli Stati membri dell’Unione Europea contro i crimini informatici.
La Camera italiana ha approvato il disegno di legge presentato lo scorso anno che proponeva l’adozione delle disposizioni comunitarie entrate in vigore nel 2004 col seguente testo: «il sempre più frequente ricorso alle tecnologie informatiche da parte della criminalità organizzata ha, infatti, convinto i governi nazionali ad attuare una stretta cooperazione giudiziaria a livello internazionale, fondata anche sull’armonizzazione delle normative nazionali».
Molti dei temi affrontati dalla Convenzione, quali la frode informatica, l’accesso illecito ai sistemi informatici, la pedopornografia, le intercettazioni di dati telematici, sono in gran parte già contemplati dalla legislazione italiana.
Disposizioni decisamente più rigide sono invece quelle introdotte dalla normativa europea sulla responsabilità amministrativa per i cyber-reati: le imprese che non si attuino misure di prevenzione dei crimini informatici commessi dal loro organico andranno incontro a gravi sanzioni di responsabilità patrimoniale. Inoltre la Convenzione prevede un’estensione del potere delle forze dell’ordine nel reperimento dei dati presso gli operatori. Questi ultimi sono tenuti al rilascio immediato delle informazioni e mantenere il segreto sugli ordini ricevuti pena sanzioni detentive fino a 3 anni di carcere.
Tuttavia la Camera italiana ha aperto un piccolo spiraglio nell’inflessibilità della normativa approvata dal Consiglio Europeo. È stato infatti modificato l’articolo 4 della Convenzione che vietava la diffusione di programmi informatici volta «a procurare a sé o ad altri un profitto o di arrecare ad altri un danno». A seguito della modifica è considerato reato esclusivamente l’altrui danno.