La Pubblica Amministrazione cambia pelle e sollecita la partecipazione diretta dei cittadini nell’assunzione delle decisioni politiche attraverso l’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione. È l’e-democracy, una sfida e un’opportunità che la Regione Veneto non si è lasciata sfuggire, partecipando all’Avviso per la selezione di progetti per lo sviluppo della cittadinanza digitale, promosso nel 2004 dal Ministro per l’Innovazione e le Tecnologie (MIT) e inserito nell’ambito delle iniziative del CNIPA. Il progetto si chiama Veneto E-Democracy o, più brevemente, Ven.e-d e si è classificato tra i primi 10, su un totale di 54 presentati.
L’idea era nel cassetto già da tempo, come spiega Andrea Boer, project manager del progetto, responsabile del suo regolare svolgimento esecutivo dal punto di vista organizzativo, qualitativo, economico e temporale. «Dopo anni di esperienza nell’ICT come dipendente pubblico, da tempo pensavo a un progetto che ci desse la possibilità di ovviare, con i fatti, alle critiche di immobilismo, chiusura, autoreferenzialità mosse agli enti pubblici in generale da cittadini sfiduciati, non sempre senza ragioni valide».
«Le nuove tecnologie, se ben applicate, sono una risorsa straordinaria che ci consentono davvero di avviare un dialogo con il cosiddetto uomo della strada, accettare una sfida, un cambiamento culturale, una sorta di rivoluzione copernicana: non più la Pubblica Amministrazione al centro, immobile, ma il cittadino con i suoi bisogni, le sue richieste, le sue esigenze. E con cittadini intendo le associazioni, gli enti pubblico-privati, gli ordini professionali che, insieme a noi, devono compiere un piccolo sforzo per essere davvero interattivi».
Come a dire che l’e-democracy, perché funzioni davvero, si fa in due e costa impegno da parte di entrambi i soggetti, amministrazione e cittadini.