La legge delega che contiene la Riforma fallimentare in vigore dallo scorso mese di novembre prevede da una parte di mitigare l’accezione eccessivamente negativa del termine “fallimento” (sostituendo addirittura la parola dal codice con l’espressione liquidazione giudiziale), dall’altra introduce una serie di misure che hanno l’obiettivo di anticipare le crisi aziendali, consentendo di comporle prima di arrivare al fallimento vero e proprio: il rischio, però, è quello di penalizzare le PMI rispetto alle grandi aziende, soprattutto se quotate in borsa.
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Attenzione: si tratta di una legge delega, quindi saranno necessari decreti legislativi che facciano entrare in funzione le varie disposizioni previste, che sono di fatto indirizzi generali a cui le normative dovranno ispirarsi. Il Governo ha tempo 12 mesi per mettere a punto i decreti legislativi, che vista l’imminenza delle scadenze elettorali saranno con ogni probabilità materia per il prossimo esecutivo.
Detto questo, la legge fallimentare (155/2017) prevede che venga introdotta:
«una definizione dello stato di crisi, intesa come probabilità di futura insolvenza, anche tenendo conto delle elaborazioni della scienza aziendalistica», e che si predisponga «una procedura di allerta e composizione assistita della crisi, di natura non giudiziale e confidenziale» per «incentivare l’emersione anticipata della crisi» e «agevolare lo svolgimento di trattative tra debitore e creditori».
Il decreto legislativo, in base alla delega, dovrà individuare i casi in cui le procedure non trovano attuazione, in particolare prevedendo che non si applichino alle società quotate in borsa e alle grandi imprese.
Quindi, si introduce una differenziazione fra PMI e grandi imprese: non si conoscono i criteri in base ai quali si deciderà quando deve scattare questa procedura di composizione assistita della crisi, che a questo punto saranno fondamentali, perché si applicheranno (par di capire) alle PMI e non alle imprese quotate e alle grandi imprese. C’è, insomma, il rischio che le normative relative al fallimento delle PMI diventino più rigide di quelle previste per le grandi imprese.
E’ bene ricordare che per ora si tratta solo di considerazioni generali: la ratio della legge è quella di introdurre nuovi strumenti per risolvere le crisi di impresa salvaguardando l’attività ed evitando, dove possibile, i fallimenti. Strumenti particolarmente utili per le PMI, in Italia ancora penalizzate da difficoltà nell’accesso al credito e nella ricerca di nuovi capitali. Detto questo, si tratta di un punto della Riforma delicato per le piccole e medie imprese.
La legge delega prevede che il debitore (l’impresa in crisi) venga assistito da un apposito organismo che verrà istituito presso le Camere di Commercio, che avrà sei mesi di tempo per cercare di risolvere la crisi trovando accordi con i creditori.