Disintermediazione e modello condiviso sono due termini particolarmente ricorrenti, atti a descrivere un cambiamento sostanziale di prospettiva, che sta interessando il mondo ad ogni livello, personale ed economico. Non si contano più i casi di successo di realtà che sono state in grado di entrare in un mercato tradizionale con un approccio innovativo, basato sostanzialmente sui due elementi citati in apertura.
In campo finanziario, questo processo rivoluzionario ha preso la forma del crowd-lending, o P2P lending, ovvero della possibilità di erogare crediti sulla base di una piattaforma che mette in comunicazione in tempo reale e in modalità dinamica i richiedenti (le aziende) e gli investitori (che possono essere privati o realtà istituzionali).
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Per le aziende in cerca di finanziamenti per espandere il loro business il crowd-lending rappresenta un modo per superare i vincoli imposti dal credit crunch, ovvero la stretta che le banche – e comunque i canali tradizionali – hanno imposto alla loro offerta di capitali.
La situazione è particolarmente complessa per le PMI, che riescono ad accedere al credito tradizionale in misura inferiore alle realtà più grandi e strutturate. I dati di Confcommercio in questo senso parlano chiaro: se nel 2009 il 60% delle imprese riusciva a ottenere un finanziamento, nel 2016 il dato registrato è stato del 38%.
In pratica, solo un’azienda su tre riesce ad accedere al credito necessario per il proprio business. E questo apre la porta a una serie di strumenti alternativi, tra cui appunto il crowd-lending. Che porta con sé ulteriori vantaggi, come ad esempio la velocità nel processo di erogazione del credito.
I tempi dei canali tradizionali sono infatti molto dilatati e male si conciliano con un’economia reale che è sempre di più “in real time”. Una volta identificata un’opportunità di mercato, anche il tempo con cui questa viene sfruttata ha il suo peso. In un mercato in cui le rendite di posizione sono praticamente scomparse, avere tempi certi di risposta e disponibilità del credito a breve termine rappresenta un significativo vantaggio di business.
Dal punto di vista dell’investitore invece, il crowd-lending offre l’opportunità di ottenere rendimenti interessanti in funzione del rischio all’interno di una strategia di diversificazione del portafoglio. Il suo sviluppo potrebbe essere ulteriormente accelerato se, come diversi operatori del settore auspicano, venisse allargata il più possibile la tipologia di strumenti finanziari ammessi in un portafoglio PIR (Piani Individuali del Risparmio).
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La novità più importante arriva invece dalla Legge di Bilancio 2018, che ha modificato la tassazione degli interessi provenienti da investimenti sulle piattaforme di crowd-lending. La tassazione ad aliquota marginale IRPEF in vigore fino al 31 dicembre 2017 viene sostituita da una ritenuta alla fonte a titolo d’imposta nella misura del 26%. Questo semplifica decisamente le cose per chi intende investire in una piattaforma di crowd-lending. A partire da gennaio 2018, gli interessi maturati vengono tassati con un’aliquota fissa del 26%, a titolo di imposta. Non sarà quindi più necessario alcun adempimento aggiuntivo da parte dell’investitore.
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Si tratta di una semplificazione normativa che porterà vantaggi significativi al mercato italiano che registra già di per sé importanti tassi di crescita sebbene in una fase iniziale di sviluppo. Non solo, questa nuova tassazione rappresenta un primo importante traguardo del Fintech italiano e testimonia la crescente attenzione delle istituzioni verso questo settore.
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a cura di di Sergio Zocchi, Amministratore Delegato Lendix Italia