La pensione di un dirigente passato da INPDAI a INPS si calcola sempre con il pro rata: lo ha stabilito la Corte di Cassazione, in una sentenza relativa al caso specifico di un dirigente pubblico passato all’INPS prima che avvenisse l’unione fra i due istituti previdenziali (nel 2003).
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Di fatto, la Cassazione ribadisce un orientamento già espresso. La sentenza (19036/2017) ha stabilito che:
«il regime pensionistico dei dirigenti di aziende industriali è uniformato, nel rispetto del criterio del pro-rata, a quello degli iscritti al Fondo pensioni lavoratori dipendenti con effetto dal 1° gennaio 2003»
Questo, senza distinzione tra soggetti ancora iscritti e soggetti non più in costanza di assicurazione INPDAI alla data del 31 dicembre 2002 (ultimo giorno prima dell’unificazione e del trasferimento dei contributi dall’INPDAI all’INPS).
Quindi, la pensione dell’assicurato già iscritto all’INPDAI si calcola in relazione alle retribuzioni che sarebbero state utili nel caso di un’ipotetica liquidazione del trattamento pensionistico da parte dell’INPDAI, non prendendo come riferimento le retribuzioni percepite negli ultimi cinque e dieci anni calcolati a ritroso dalla data del pensionamento.
In parole semplici, la pensione si calcola con il criterio del pro rata, quindi in base alle diverse regole dei due istituti di appartenenza e alle relative contribuzioni versate.
A meno che l’assicurato non abbia fatto una ricongiunzione dei contributi, che prevede il calcolo della pensione interamente in base alle regole dell’ultimo istituto di appartenenza.
Non è invece ipotizzabile che avvenga una sorta di ricongiunzione ex lege delle posizioni contributive in nome dell’unificazione dei due istituti.